NFT è il nuovo bitcoin, la nuova blockchain, il nuovo termine abusato da chiunque che riesce imbellettare l’idea più stramba. Fino a qualche anno fa comprare skin in un videogioco era considerato un comportamento folle ma oggi basta dire che vendi NFT e tutto assume subito una parvenza futuristica, un po’ come una startup che gestisce la biglietteria di un cinema in blockchain.

Che diavolo è un NFT Link to heading

Partiamo dalle basi: Non-Fungible Token. Che significa però token non fungibile? Banalmente non sostituibili, a differenza di una cryptovaluta qualsiasi, dove un BTC è uguale e identico nel valore ad un’altro, l’NFT è unico e viene assegnato ad uno specifico indirizzo pubblico che ne “certifica il possesso”.

Da un punto di vista più pratico mostro qui un mio NFT, regalo per essermi registrato alla piattaforma. Poche righe di codice.

"metadata":{
"description":"Commemorating the launch of the Crypto.org Chain and the blabla”"
"name":"Crypto.org Genesis"
"dropId":"add71f250ac00440b8010abe6c616d16"
"image":"https://ipfs.io/ipfs/QmR22Hc6PCLHtm5YwiTCinj5a429qoiv6ehByieEx1T7TQ"
"mimeType":"image/jpeg"
}

Il contenuto è estremamente chiaro, oltre a qualche riferimento al tipo di file, la parte più importante è il link al contenuto. Come ogni contenuto presente sul web, anche l’NFT è hostato su una macchina fisica che inevitabilmente è di proprietà di qualcuno. Questo significa che il contenuto “visivo” non è in un database distribuito (ovvero blockchain), ma è custodito in un luogo all’infuori, con il rischio di essere rimosso o alterato.

Tutale della proprietà intellettuale Link to heading

Spesso si evoca l’impiego di NFT per la tutela delle proprietà intellettuali e del copyright. Si cerca di dire: creo l’NFT con il link ad un’opera di mia creazione, lo vendo su OpenSea cosi facendo cedo la proprietà dell’opera. Ci sono due grossi problemi che riguardano questo tipo di approccio:

  1. La verifica del possesso effettivo di un contenuto da parte del venditore.
  2. La capacità del compratore di rivendicare il diritto di proprietà.

Il primo punto è abbastanza semplice, bisognerebbe avere un organo di controllo che verifichi che una data proprietà intellettuale non sia già stata registrata in nessuna blockchain e su nessun altro mercato. Inoltre chi garantisce che io sia il possesso del diritto di commerciare? Se vendo un’immagine pubblicata sui social che non è mai stata venduta da nessun’altro, colui che l’ha realizzata, quindi il possessore originale, potrebbe a sua volta creare un’NFT successivamente e a chi spetterebbe il compito di decidere quale delle due sia la “certificazione di proprietà” autentica?

Il punto due è ancora più banale. Io Bob compro l’NFT di un disegno di pikachu, decido di vantarmi con i miei amici della mia ricchezza. Il mio amico Carletto è invidioso a tal punto da copiare il media e di registrarle un’altro NFT che con una chiave diversa punta ad un identico contenuto. A questo punto abbiamo due NFT diversi che puntano a due indirizzi del contenuto diversi ma il contenuto riprodotto è il medesimo. La conseguenza di ciò è che su un servizio come twitter, dove è possibile impostare NFT come immagine di profilo che in qualche modo “verifica” il tuo possesso del medesimo, entrambe le immagini verranno considerate autentiche.

Il magico mondo del METAVERSO Link to heading

il metaverso è un concetto affascinante, talmente affascinante che non esiste una singola definizione di cosa sia. Nasce con l’idea di Facebook di spingere il social network nella realtà virtuale creando una sorta di videogioco in prima persona mediante l’impiego del loro visore. Dopo l’annuncio dello sviluppo di meta, qualsiasi cosa è diventata metaverso, ormai pure la ADIDAS ha il proprio metaverso. Al momento è tutta una gigantesca bolla di sapone perché ogni azienda che “si butta” nel metaverso non fa che vendere NFT (quindi contenuti multimediali), ma a cosa dovrebbe portare ciò? L’idea di base è semplice: nel loro mondo virtuale sarai rappresentato dal tuo avatar, il quale dovrà possedere dei vestiti e degli oggetti, quindi intanto cominciamo a venderteli. Che differenza c’è però fra comprare oggetti in un videogioco e gli NFT nel metaverso? La risposta è la blockchain.

Piuttosto che avere un database interno, il metaverso si interfaccia con la blockchain, quindi con il vostro indirizzo pubblico per “certificare” il possesso degli oggetti magari venduti da Nike. Questo al momento sembra l’unico modo sensato per utilizzare gli NFT. Se un domani però infrangeste delle regola e Facebook decidesse di bannarvi con tutti i vostri averi, credete di essere al sicuro solo perché sono nella blockchain? Basterebbe banalmente escludere lato meta il riconoscimento di specifici oggetti e vi ritrovereste con delle stringhe che non valgono nulla in mano.

Conclusione Link to heading

Ricapitolando.

  • NFT non è in grado di garantire o tutelare la proprietà intellettuale di alcun tipo vista l’assenza di organo regolatore in grado di prendere decisioni.

  • Il possesso degli NFT non offre alcuna garanzia aggiuntiva lato metaverso rispetto a sistemi centralizzati.

A riprova dell’inutilità di tale strumento, su defilama possiamo chiaramente vedere come rispetto a boom del 2021, i volumi sulle transazioni NFT si sono ridotte in maniera spaventosa, come accade nelle migliori bolle dei nostri tempi.