Amo Roma. Nonostante ci fossi stato svariate volte, quel giorno era tutto diverso, tutto il centro città era bloccato per noi. Aveva un non so ché di anomalo.

Ore 5.50. Stava albeggiando quando una folla oceanica cominciò a confluire sotto il Colosseo ancora illuminato dalle luci notturne. Nonostante la presenza di più di 7000 corridori l’atmosfera sembrava tranquilla e rilassata.

Provavo un ventaglio di emozioni delle quali sulle quali l’ansia stava prendendo inevitabilmente il sopravvento. L’obbiettivo era uno solo: arrivare alla fine, costi quel che costi. Credo che se non fossi riuscito a terminarla non avrei provato mai più un’impresa del genere.

La Partenza Link to heading

La partenza è avvenuta per ondate, gli appartenenti di ogni ondata avevano una pettorina di colore diverso, ovviamente essendo nabbo sono finito nell’ultima ondata con la pettorina color bianco-resa. Proprio mentre eravamo stipati nel corridoio di partenza abbiamo cominciato a teorizzare il modo più sbagliato di affrontare la maratona: inseguire il pacemaker. Per chi non lo sapesse, il pacemaker è un omino che corre ad un ritmo idonea per completare la gara in un determinato arco di tempo: per esempio c’era quello delle 6 ore, 5.50h, 5,40h ecc. L’errore è stato in primis il mio, perché seguendo il mio compagno ho deciso di andare ad inseguire il pacemaker delle 4 ore, il quale avrebbe avuto un passo medio di 5,40m/km, del tutto insostenibile per il mio livello di preparazione. Altro fatto importante è che i suddetti pacemaker erano relativi ad ogni ondata, quindi ti capitava di incrociare quello delle 5h e dovevi chiedere a quale ondata era riferito perché non avevano alcun segno distintivo.

La fase Critica Link to heading

I primi 25km sono volati, ho mantenuto un ritmo medio di 5.40min/km il che era già un’impresa per me, nonostante questo, dopo ben due ore dalla partenza non siamo riusciti a raggiungere il pacemaker delle 4h (e non lo avremmo mai raggiunto). E’ stato quello il momento di crollo.

Nell’arco di pochi minuti ho sentito un forte calo di energie, una stanchezza come mai prima d’ora, un dolore ai piedi insopportabile, ho rallentato tantissimo e cercavo di reggermi in piedi. I chilometri hanno cominciato a dilatarsi e mi vedevo continuamente superato da tantissima gente. Ad un certo punto la situazione era talmente critica che mi ero deciso di approfittare di un punto ristoro per mangiare una mela, nella speranza di recuperare un po di fluido vitale.

Attorno al 30esimo chilometro cominciai a vedere le prime persone sedute a bordo strada, qualche ambulanza ferma con un corridore sulla barella, altre ancora che si fermavamo a vomitare in mezzo alla strada. Da quel punto in avanti c’erano vari punti in cui si poteva abbandonare la gara registrando il tempo, vedevo varie persone che deviavano verso le uscite e per me la tentazione è stata tanta, ogni volta però pensai: dai, fra 5 chilometri c’è un’altro punto per ritirarsi, mal che vada arrivo fin lì. Il fatto di vedere persone con pettorine più fighe mollare (in teoria ogni colore diverso dal bianco doveva essere più esperto di me) e ritirarsi dalla gara mi faceva sentire giustificato di fare altrettanto. In fondo cosa penso di fare io che ho alle spalle pochi mesi di allenamento?

Lo spirito è stato più o meno questo nelle ultime due ore di gara, lanciare la palla poco più avanti, suddividere tutto in piccoli traguardi per andare più in là possibile.

Dopo il 35esimo chilometro ripresi un minimo di ritmo, un ritmo lento, sui 6.20min/km ma comunque costante e questo non era una cosa da poco.

L’arrivo Link to heading

Al km 39 sembrava già fatta, si rientrava nel centro storico e comincia di nuovo a sentire la musica e vedere un sacco di gente fare il tifo. Ho sentito fluire nuove energie nel mio corpo, l’insopportabile dolore ai piedi si faceva sempre meno presente e sono riuscito pure a recuperare un po di slancio fino al traguardo.

Inutile dire quanta soddisfazione mi ha dato tagliare il traguardo e sopratutto potermi fermare, la sensazione di aver concluso e di non dover più spingere oltre mi dava un sento di pace assoluta. A pochi metri dopo l’arrivo c’era lo staff che distribuiva in un’unico pacchetto mascherina e medaglia, poco più avanti anche le metalline.

L’arrivo sembrava il punto di sbarco di un barcone di clandestini, persone avvolte nelle metalline buttate a terra qua e là agonizzanti per lo sforzo. Sedersi non è stato affatto banale, piegare le ginocchia provocava un dolore assurdo e per sedersi si era costretti ad utilizzare una tecnica stile “torre di Pisa”.

Conclusioni Link to heading

Ho decisamente sottovalutato la maratona, con 6 mesi di allenamento alle spalle credevo di riuscire almeno a concludere la gara in tranquillità ma non è stato così. L’errore più grande è di sopravvalutarsi, non che non lo sapessi, me lo avevano ripetuto ogni dove ma l’effetto gara ha vanificato ogni buon consiglio. Ho compensato i primi 25km di apparente invincibilità con ultimi 17 di atroci sofferenze. Sicuramente se avessi seguito la strategia di partire piano e recuperare un po di velocità verso la fine mi sarei goduto di più la gara e probabilmente ne avrebbero giovato anche i tempi.

In definitiva credo che la maratona sia più un esercizio mentale che fisico, imporsi con la mente sopra il proprio fisico e farlo continuare nonostante tutto, passo dopo passo, per 42 chilometri e 195 metri.

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